L’ origine del grano rimane in etichetta. TAR respinge ricorsi industrie pastaie e molitorie

Non ci sono illegittimità nel decreto sull’origine del grano sulla etichetta della pasta. Il TAR ha respinto il ricorso delle industrie pastaie e molitorie che chiedevano di togliere l’indicazione di origine del grano sulle confezioni. A margine troverete le due sentenze da cui si evince quanto fossero infondate le censure sollevate dagli industriali.

Due sentenze del TAR Lazio pubblicate il 25 gennaio 2023 hanno respinto il ricorso di alcune industrie pastaie e molitorie sull’indicazione dell’origine in etichetta. Il Tar ha ritenuto il ricorso infondato. L’origine del grano duro rimane in etichetta e per comprare pasta interamente Made in Italy « basta scegliere le confezioni che riportano le indicazioni “Paese di coltivazione del grano: Italia” e “Paese di molitura: Italia”».

Non c’è dunque nessuna illegittimità nel decreto, con il quale il Ministero delle Politiche Agricole e il Ministero dello Sviluppo Economico a metà 2017 hanno imposto ai produttori di pasta l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di coltivazione del grano e il Paese di molitura. 

Per il TAR “deve osservarsi che l’obiettivo primario del decreto sia quello di rendere al consumatore informazioni chiare e trasparenti sull’origine dei prodotti alimentari, al fine di valorizzare la sua libera e consapevole scelta, coerentemente a quanto stabilito dal Regolamento UE n. 1169 del 2011″.

Per il TAR è destituita di fondamento anche la violazione del Regolamento Ue legata al fatto che il decreto prescrive di indicare il paese di origine dell’ingrediente primario e non anche il paese di origine dell’alimento.

“Al riguardo è sufficiente osservare come l’obbligo di indicazione in etichetta del paese di coltivazione del grano e del Paese di molitura, non esclude l’indicazione del Paese di origine dell’alimento, trattandosi di obbligo aggiuntivo e non sostitutivo rispetto alle prescrizioni in materia di etichettatura”.

Chi ha presentato i ricorsi

I ricorsi al TAR Lazio, di cui troverete le sentenze a margine, erano stati presentati dalle aziende:

F.lli De Cecco di Filippo Fara San Martino, Barilla G. e R. Fratelli, De Matteis Agroalimentare, La Molisana, F. Sponsored By Divella, Rummo, Pastificio Lucio Garofalo, Pastificio Battagello, Pasta Berruto, Colussi, Pastificio Rigo, Pasta Zara, Pastificio Felicetti, Pastificio Granarolo (il primo) nonché Molitoria Umbra, Semoliere Giuseppe Sacco & Figli, Molino Grassi, Molino Casillo, Candeal Commercio, Deis De Sortis Industrie Semoliere, Industria Molitoria Mininni, Moderne Semolerie Italiane, Industria Agroalimentare De Vita, Grandi Molini Italiani, Semolificio Loiudice e Molino S. Paolo di Paolo Gallo & C. (il secondo).

Tre giorni prima che la causa passasse in decisione, la società Molino Casillo S.p.A. ha rappresentato di non avere “più interesse alla decisione del ricorso e all’eventuale annullamento dell’atto gravato, in ragione del lungo tempo decorso e della circostanza per cui la Società ha adeguato il proprio operato ai dettami del decreto a suo tempo contestato ma che per cinque anni ha trovato applicazione”. Di conseguenza il TAR ha pronunciato la declaratoria d’improcedibilità del ricorso nei suoi confronti.

Nelle due sentenze sono riportate tutte le censure infondate che hanno fatto respingere i ricorsi:

Sentenza Ricorso Pastifici contro Etichettatura

Sentenza Ricorso Molini contro Etichettatura

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