PERCHÉ È IMPORTANTE MANTENERE I SUOLI SANI?
Alla scoperta della vita che comincia sotto i nostri piedi
Ci hai mai riflettuto? Ogni giorno ci nutriamo, respiriamo e beviamo proprio grazie all’immenso ecosistema invisibile che lavora appena sotto la superficie: il suolo.
Il 95 % del cibo che raggiunge la nostra tavola nasce dai terreni in buona salute; non soltanto grano, frutta e verdura, ma anche i foraggi che alimentano gli animali d’allevamento e le piante da cui ricaviamo fibre, combustibili e principi attivi.
E dal momento che noi di GranoSalus ci battiamo instancabilmente a favore di coltivatori e consumatori, in quest’articolo settimanale vogliamo approfondire qualche spunto utile sul tema della produzione agricola – per l’appunto.
Perché la salute del suolo è tanto importante?
Nei suoi primi 30 centimetri di profondità, il terreno ospita circa il 25 % della biodiversità del Pianeta: miliardi di batteri, funghi, lombrichi e insetti che decompongono la sostanza organica, liberano i nutrienti e creano struttura.
Un ettaro di suolo vivo funziona come un enorme spugna verde: filtra l’acqua piovana, ricarica le falde e immobilizza gli inquinanti prima che raggiungano i fiumi.
Non è tutto: il terreno rappresenta il più grande serbatoio di carbonio terrestre capace di stoccare più CO₂ di tutti gli alberi messi insieme.
Quando questa macchina perfetta è in equilibrio, la fotosintesi cattura l’anidride carbonica e la trasferisce alle radici; lì gli organismi del suolo la trasformano in humus stabile contribuendo a mitigare la crisi climatica.
Il costo del degrado: un’emergenza (anche) europea
Al giorno d’oggi, fino al 70 % dei suoli dell’Unione europea è classificato non in buone condizioni a causa di una moltitudine di fenomeni: dall’erosione alla compattazione, fino al consumo dei terreni, alla salinizzazione e all’inquinamento chimico che causa la perdita di sostanza organica.
Quando il terreno si ammala i suoi servizi ecosistemici crollano: le rese si riducono, aumenta la dipendenza dai fertilizzanti e dall’irrigazione, e si intensificano le polveri sottili trasportate dal vento e le inondazioni dopo le piogge intense.
In Italia, in un Paese dalla forte vocazione agricola e con preziose aree ad alto contenuto di sostanza organica come la Pianura Padana, il degrado si manifesta con frane appenniniche, desertificazione nel Sud e impermeabilizzazione nelle aree periurbane.
Ogni centimetro di terreno fertile richiede da 100 a 1000 anni per formarsi naturalmente: perderlo significa rinunciare per generazioni a un capitale non rinnovabile.
La risposta dell’UE: inquinamento zero e strategia suolo 2030
Per invertire la rotta, Bruxelles ha fissato nel 2021 l’obiettivo inquinamento zero per aria, acqua e suolo entro il 2050.
Nello stesso anno è nata la Strategia per il suolo 2030, che punta a rendere tutti i suoli europei sani e resilienti delineando azioni di prevenzione, ripristino e uso sostenibile.
La grande novità è arrivata però nel 2023 con la proposta di una vera e propria Normativa sul monitoraggio del suolo: per la prima volta un atto legislativo europeo stabilirà l’obbligo per gli Stati membri di controllare in modo uniforme lo stato di salute di tutti i loro suoli.
Il Parlamento ha già ipotizzato una scala a cinque livelli – dallo stato ecologico elevato al criticamente degradato – e la bozza definitiva, frutto dell’accordo politico del 10 aprile 2025, chiede inventari aggiornati, piani di risanamento dei siti contaminati e anche una rendicontazione trasparente.
Se approvata definitivamente, la direttiva diventerà un faro per la Politica Agricola Comune, per la strategia di adattamento climatico e per le misure su fertilizzanti, reflui e responsabilità ambientale.
Cosa può fare l’Italia, cosa possiamo fare noi
La cornice normativa europea è necessaria ma non sufficiente: la salute del suolo si costruisce campo per campo, azienda per azienda e cittadino per cittadino.
- Rotazioni e colture di copertura – Frumento duro, legumi da granella e foraggi in rotazione riducono parassiti, fissano azoto biologico e proteggono la superficie dall’erosione.
- Ammendanti organici e compost di qualità – Restituire al terreno letame maturo, compost da residui verdi o digestato stabilizzato aumenta l’humus e migliora la capacità di trattenere acqua, cruciale in estati sempre più siccitose.
- Riduzione della lavorazione intensiva – Tecniche di minima lavorazione o semina su sodo evitano la perdita di carbonio ossidato e mantengono la porosità che serve alle radici.
- Acquisti consapevoli – Chi sceglie prodotti certificati biologici, integrati o di filiera corta sostiene aziende che investono nella fertilità naturale anziché in input chimici a breve termine.
Mantenere i suoli sani vuol dire anzitutto assicurare cibo sicuro, acqua pulita, biodiversità vitale e un clima più stabile alle prossime generazioni.
È il momento di restituire al suolo (letteralmente) ciò che da millenni ci ha donato.