Perché serve un cambio di paradigma su clima e urbanistica?
Il clima urbano sta virando verso condizioni subtropicali: secondo la mappa interattiva Future Urban Climates citata da Focus, nel 2080 le città come Matera, per emissioni elevate, potrebbero sperimentare estati più calde fino a +7,1 °C rispetto a quelle attuali, assumendo un clima simile a quello di Nea Kios, nel Peloponneso, in Grecia.
Gli studiosi del Maryland lo riassumono così: tutto si muove verso l’equatore – e molti centri del Nord finiranno con temperature tipiche delle latitudini più meridionali. La combinazione di ondate di calore, siccità e inquinamento rende gli attuali modelli di mobilità e consumo del suolo semplicemente insostenibili. Servono soluzioni sul clima che raffreddino l’aria, catturino CO₂ e restituiscano spazi di vivibilità.
Gli alberi come infrastruttura di raffreddamento
Le piante non sono un semplice arredo ma una tecnologia climatica estremamente avanzata. Nell’intervista rilasciata a Wise Society, Stefano Mancuso ricorda che, grazie alla traspirazione, un solo albero adulto può disperdere nell’atmosfera fino a 500 litri d’acqua al giorno generando un effetto simile a quello di un condizionatore naturale capace di abbassare sensibilmente la temperatura circostante.
Gli alberi, inoltre, immagazzinano CO₂, filtrano le polveri sottili e riducono i picchi di ozono. Nel progetto Prospettiva Terra, avviato a Milano, 300 sensori IoT installati nella Biblioteca degli Alberi misurano in tempo reale lo stato di salute delle piante e i benefici economici prodotti in termini di risparmio energetico per il raffrescamento. Questi dati confermano che l’infrastruttura vegetale è più efficiente e durevole di molti interventi di ingegneria grigia per mitigare il clima.
Più verde, meno asfalto: come ridisegnare le strade
Se le piante sono la risposta, le strade sovradimensionate sono il problema. Nelle città europee, dal dopoguerra in poi, si è riservato fino al 60 % dello spazio pubblico alla circolazione e al parcheggio privato; ma un’auto resta ferma il 92 % del tempo. Barcellona è un caso pilota, oggetto anche di una Tesi su Barcellona, che dimostra come il problema possa essere risolto. Ridurre le carreggiate, introdurre zone a 30 km/h e convertire corsie in corridoi verdi avrà dunque il potere di produrre tre effetti simultanei:
- LA DIMINUZIONE DELLE ISOLE DI CALORE – Il suolo asfaltato raggiunge facilmente i 60 °C; una copertura vegetale ombreggiata non supera i 25-30 °C.
- LA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI – Meno traffico veicolare taglia CO₂, NOx e le emissioni di particolato che ne conseguono; più alberi sequestrano le emissioni residue.
- GLI SPAZI SOCIALI DI QUALITÀ – Marciapiedi ampliati, aiuole, orti urbani e piste ciclabili invitano ad effettuare spostamenti attivi con l’intento di migliorare salute e coesione.
Gli studi di Mancuso mostrano che la temperatura percepita può calare di 2 (massimo 4 °C) solo quando il suolo viene de-impermeabilizzato e sostituito da aiuole profonde. La ricarica delle falde aumenta fino al 30 %, mitigando gli allagamenti durante nubifragi sempre più intensi
Strategie operative per amministrazioni e cittadini
MAPPARE I VUOTI DA RINATURALIZZARE
L’uso di sensori smart e modelli climatici permette di individuare parcheggi e spartitraffico più critici per l’isola di calore; qui l’asfalto può lasciare posto a micro-foreste urbane ad altissima densità pensate per risolvere questa problematica.
INTEGRARE IL VERDE NELLA PIANIFICAZIONE DELLA MOBILITÀ
Ogni nuova super-strada dovrebbe essere valutata non solo per i flussi di traffico ma anche per il suo bilancio termico complessivo. Al contrario, ogni intervento di forestazione dovrebbe essere inserito in un piano di riduzione dei veicoli privati, con trasporto pubblico e piste ciclabili realmente concorrenziali.
RIQUALIFICARE I VIALI ESISTENTI
Potature conservative, ampliamento delle aiuole e specie autoctone resistenti alla siccità (lecci, bagolari e querce) rispettano l’identità locale e riducono la manutenzione. Le evidenze raccolte nel progetto milanese dimostrano che un solo filare può assorbire fra 20 e 50 kg di polveri sottili l’anno, a seconda della specie e della circolazione.
COINVOLGERE LA CITTADINANZA
Dai bilanci partecipativi ai patti di collaborazione per la cura degli alberi di quartiere, i programmi di stewardship accelerano la crescita delle piante e riducono gli atti vandalici.
Immaginiamo allora un 2050 in cui le arterie più trafficate di oggi si sono trasformate in boulevard permeabili, ricoperti da pergolati fotovoltaici e fiancheggiati da boschi lineari o in cui il trasporto di superficie sia affidato a tram elettrici che sfilano in gallerie verdi. Secondo i dati raccolti dal network Prospettiva Terra a Milano, un incremento del 20 % di copertura vegetale sarà sufficiente a ridurre la temperatura media urbana di 1 / 1,5 °C e tagliare i consumi energetici per il raffrescamento fino al 30 %. Moltiplicato su scala nazionale, ciò significa migliaia di gigawattora risparmiati e milioni di tonnellate di CO₂ evitate.
La posta in gioco non è solo estetica: è sanitaria, climatica ed economica. Le città-foresta diminuiranno i ricoveri per colpi di calore, preserveranno la produttività del lavoro nei mesi estivi e offriranno servizi ecosistemici valutati, dall’ONU, in miliardi di euro l’anno. Ma se ci ostiniamo a perpetuare un modello auto-centrico, finiremo per abbracciare soltanto infrastrutture da climatizzare artificialmente, costi sanitari in ascesa e spazi pubblici invivibili.