Il mezzogiorno non è l’ Arizona, ma può diventarlo

Oggi la Presidenza del Consiglio dei ministri ha organizzato un convegno a Matera dal titolo “Mezzogiorno protagonista: missione possibile”. Obiettivo dell’assise quello di affrontare le problematiche istituzionali, economiche e sociali allo scopo di individuare strategie che possano superare i problemi che ancora oggi rallentano o condizionano lo sviluppo del Sud.

Questo Mezzogiorno – nelle parole del Presidente Pittella – è un territorio che deve rappresentare un valore aggiunto per il nostro continente e l’Italia, se lo consideriamo come porta d’Europa sul Mediterraneo.

Siamo la regione in cui é presente un agroalimentare di qualità che deve combattere ogni giorno contro la sfida globale.

Bene è proprio su questo punto che gli amministratori di questa regione farebbero bene a prendere spunto su quanto accade in altre parti del mondo.

Il mezzogiorno d’Italia, caro Pittella, è il più grande bacino di grano duro di qualità esistente al mondo. Lo sanno tutti ad eccezione degli amministratori regionali della Puglia, Basilicata e Sicilia, e del Ministro Martina. Nessuno di loro conosce le potenzialità di questa risorsa primaria.

In uno stato come l’ Arizona, che produce molto meno grano duro (a marchio Desert Durum) rispetto al mezzogiorno d’ Italia, la politica di valorizzazione è chiara ed efficace, mostrando l’elevato valore aggiunto che un prodotto sano ha sul mercato.

Il fatturato 2014 a favore delle aziende agricole americane è stato pari a 103 milioni di $ e considerando l’ indotto è arrivato a 206 milioni di $. Ciò vuol dire che un quintale di grano ai produttori americani è stato pagato 45$.

Il fatturato 2015 a favore delle aziende agricole americane è stato pari a 150 milioni di $ e considerando l’ indotto ha raggiunto 300 milioni di $. Ciò vuol dire che un quintale di grano ai produttori americani è stato pagato 36$. Nel 2015 il 30% della produzione dell’ Arizona è stata esportata in Italia. Se aggiungiamo i costi di elevator e di trasporto navale, quel grano è costato al porto di Bari oltre 50 euro a qle. Non ci pare che agli agricoltori italiani del mezzogiorno siano stati pagati quei prezzi: il listino di Foggia ha riconosciuto appena 31 euro non 50.

Una delle “missioni possibili” per il mezzogiorno consiste nella valorizzazione del grano duro che eviterebbe i furti degli industriali e porterebbe il valore aggiunto ad oltre 3.5 miliardi di euro, rilanciando tutto l’indotto agricolo, con un ritorno di altri 3,5 miliardi di euro.

Sette miliardi di euro non sono proprio brustoline, a fronte di una stagnazione dell’ economia. Basterebbe convincere l’industria pastaia italiana e assecondare il bisogno di cibo salutare da parte dei consumatori italiani. Una manovra a costo zero per le casse dello Stato. Così, forse, anche i convegni sarebbero pieni di contenuti ….

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