Carbon credits, spiraglio economico per l’agricoltura ?

I carbon credits possono essere una delle risposte alla crisi climatica che sta diventando ormai una lotta senza quartiere, come dimostrano i dati sull’innalzamento delle temperature globali. Il principale responsabile è il continuo aumento dei gas climalteranti, come anidride carbonica e metano, derivanti dalle attività dell’uomo. 

Il settore agroforestale, insieme ai trasporti e all’allevamento intensivo, contribuisce in modo significativo all’impatto ambientale. In questo contesto, i carbon credits stanno emergendo come uno strumento efficace per incentivare gli agricoltori e i gestori di terreni forestali a ridurre le loro emissioni di carbonio. 

Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione dell’Accordo di Parigi entro il 2050, la mitigazione climatica della sfera agroforestale dovrà implementare i carbon credits, che attualmente risultano ancora in ritardo.

Proprio per questo motivo è indispensabile accelerare le linee guida riguardanti questo settore, così da rendere operativo nel più breve tempo possibile il Registro pubblico dei crediti di carbonio. 

Ritardo delle linee guida sui carbon credits, un ostacolo all’implementazione

Molti operatori che lavorano nell’ambito dell’agroforestale devono affrontare una serie di sfide a causa della mancanza di linee guida chiare. Governi e istituzioni stanno ancora lavorando per stabilire regole precise su come certificare e commercializzare i crediti di carbonio delle pratiche agroforestali. 

Inoltre, ci sono ancora molte difficoltà nella misurazione delle riduzioni di anidride carbonica. Infatti, la quantificazione del sequestro del carbonio attraverso la riforestazione o la gestione sostenibile delle foreste è complessa e richiede metodologie standardizzate. Le barriere burocratiche e i costi iniziali elevati non permettono a una grande parte dei gestori dei terreni forestali di accedere ai mercati dei crediti di carbonio. 

Di conseguenza, l’assenza di un quadro normativo stabile rende difficile agli operatori valutare il potenziale economico dei carbon credits. Finora, i ministeri dell’Agricoltura (Masaf) e dell’Ambiente (Mase), avevano a disposizione 180 giorni dalla conversione della norma per definire indicazioni operative e stabilire le modalità di certificazione dei certificati di compensazione delle emissioni. Successivamente, entro 60 giorni, il Masaf doveva determinare le procedure per l’iscrizione, l’aggiornamento e il controllo dei crediti registrati. 

Opportunità per il carbon farming in Italia

Attualmente, operano due gruppi di lavoro all’interno del Masaf che si occupano dei crediti di carbonio, uno che riguarda il settore forestale e l’altro l’agricolo. A settembre 2023 è stata redatta la prima bozza di normative di riferimento, ma l’approvazione è ancora in ritardo a causa del negoziato europeo sulla certificazione del sequestro del carbonio. 

Tuttavia, il carbon farming è visto come uno spiraglio economico per le imprese agroforestali, incentivandole a pratiche sostenibili per la cattura di CO2. La normativa italiana però, prevede che i crediti maturati possano essere scambiati solo nel mercato volontario nazionale e non nel sistema europeo di scambio delle emissioni (EU ETS).

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