Prosegue il braccio di ferro con i pastai che si chiude con una seconda vittoria in Tribunale di GranoSalus. L’associazione aveva denunciato la presenza di sostanze contaminanti in otto marche di spaghetti. Di tutta risposta, i pastai avevano chiesto misure cautelari al Tribunale di Roma per imbavagliare il diritto all’ informazione. Ma secondo i giudici, trattandosi di temi di tale delicatezza e rilevanza per la salute pubblica, nessuna censura sarebbe ammissibile. Industriali condannati al pagamento delle spese di 1° e 2° grado. Sconfessate le tesi di alcuni webeti
Granosalus vince su tutti i fronti. Dopo il primo grado a Roma e il primo grado a Trani, i giudici rigettano anche il reclamo in secondo grado al Tribunale di Roma presentato dai pastai.
GranoSalus ha promosso le analisi su otto marche di spaghetti prodotte in Italia. Da tali analisi è venuto fuori che la pasta industriale prodotta in Italia presenta contaminanti.
Lo dicono le analisi: Don, Glifosate e Cadmio presenti negli spaghetti
Dopo la pubblicazione dei risultati delle analisi, le industrie sono passate all’attacco. E hanno chiesto alla Giustizia – per la precisione al Tribunale di Roma e Trani – la rimozione degli articoli dal sito di GranoSalus e dal sito I Nuovi Vespri.
Ma nel giugno scorso il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso degli industriali associati Aidepi.
A settembre scorso il Tribunale di Trani ha respinto anche il ricorso del pastificio Granoro.
Test Granosalus: anche il Tribunale di Trani rigetta ricorso Granoro
Aidepi, Barilla, De Cecco, Divella, La Molisana e Garofalo hanno presentato un nuovo ricorso, ma anche questa volta i giudici hanno dato loro torto. Mentre Granoro non ha presentato alcun reclamo.
Pieno diritto di critica e manifestazione del pensiero. Scongiurata la censura
«Gli articoli in questione – scrive la prima sezione civile del Tribunale di Roma – costituiscono legittima espressione del diritto di critica e di manifestazione del pensiero». Una ordinanza che da pienamente ragione a GranoSalus e a I Nuovi Vespri.
Sui temi affrontati negli articoli in questione vi è «un ampio dibattito nel mondo scientifico e pubblico in generale». Pertanto, scrivono i giudici nell’ordinanza «non vi è dubbio che la divulgazione dei risultati della ricerca costituiscano legittima espressione del diritto di libertà di manifestazione del pensiero, sancito dall’articolo 21 della Costituzione e di libertà della scienza garantita dall’articolo 33 della Costituzione, senza limiti e condizioni. Tanto più che, trattandosi di temi di tale delicatezza e rilevanza per la salute pubblica, nessuna censura sarebbe ammissibile. Né sono stati superati i limiti della continenza espositiva»
Analisi attendibili ma dai pastai nessuna contro-analisi
Secondo i colossi dell’industria della pasta, le analisi su cui si basano gli articoli sotto accusa «non erano state effettuate con gli accorgimenti e le regole che ne avrebbero potuto garantire l’attendibilità».
Per il Tribunale di Roma, invece, «le analisi sono state effettuate da primario laboratorio, con metodo scientifico». “E, sebbene i campioni siano stai prelevati dal cliente, è stato indicato il lotto di pasta da cui il campione è stato prelevato e le analisi sono state effettuate in base alla normativa che il laboratorio è tenuto a seguire”.
“A fronte di ciò – si legge sempre nell’ ordinanza dei giudici – le reclamanti non hanno prodotto delle contro-analisi né sui lotti indicati ed analizzati (dei quali esse avrebbero l’obbligo di conservare un campione), ma nemmeno su altri lotti di pasta, il che induce verosimilmente a ritenere che effettivamente nella pasta prodotta dalle società reclamanti fossero presenti i contaminanti indicati nell’articolo”.
Dubbi legittimi sulla miscelazione
Secondo i reclamanti «l’introduzione della formula dubitativa in ordine all’attività di miscelazione con grano estero contenente contaminanti nocivi superiori ai limiti di legge riguardava solo uno dei fatti lesivi lamentati col ricorso, quello riguardante la violazione delle norme che prevedono il divieto di miscelazione con prodotti contenenti contaminanti superiori ai limiti di legge, e comunque la formula dubitativa non faceva venir meno la portata lesiva, insinuando il dubbio di una condotta contra legem delle ricorrenti».
“Dal tenore dell’articolo – sottolineano invece i giudici – è di tutta evidenza che non venga attribuito con certezza l’utilizzo di tale pratica, ma che tale ‘pensiero’ può essere indotto dai risultati delle analisi, per i motivi esposti nell’articolo (presenza di glisofate e don in tali quantità). Peraltro anche nella versione originaria dell’articolo era evidente che l’utilizzo di una pratica di miscelazione vietata non era attribuita alle reclamanti quale fatto certo conosciuto dall’autore, ma solo sulla base di un’operazione deduttiva e soggettiva dello stesso: il verbo ‘rivela’ rendeva evidente che si trattava di una libera deduzione dell’autore dell’articolo fondata esclusivamente sui risultati delle analisi e, pertanto, legittima espressione del suo pensiero critico. Ciò è stato reso più evidente nella versione rettificata ove si usano formule dubitative”.
Dai giudici una risposta ai tanti webeti
Sulle modifiche operate il parere dei giudici da una risposta anche a Butac che in un suo articolo sul web aveva precisato che:
“Il ricorso è stato rigettato dopo che l’ articolo è stato modificato da assertivo in ipotetico”
Butac, nel suo articolo critico verso l’associazione GranoSalus, avventurandosi su un terreno giuridico improprio, aveva affermato: “I dati erano corretti ma era sbagliata la loro interpretazione“. Ed ancora: “Le modifiche sono implicitamente un riconoscimento d’aver sbagliato qualcosa nella prima versione dei fatti“.
Adesso la risposta alle interpretazioni (pseudo)giuridiche di Butac, critica anche verso i toni di GRANOSALUS, è stata definitivamente data da un Tribunale competente…e dovrebbe essere esaustiva. Vedremo se Butac riporterà i contenuti corretti delle sentenze o continuerà ad insistere con la sua bufala.
Anche Dario Dongo, coofondatore del fattoalimentare, accusava in un suo post GranoSalus del fatto che una ‘fake news’ con potenziale impatto anche grave su una filiera sana del nostro Paese raccolga tanto credito presso sedicenti giornalisti del ‘copia-incolla’ e acritici utenti dei ‘social network’. Aggiungendo che:
…Granosalus si è avventurata in una serie di teoremi che nuocciono alla sua stessa credibilità, oltreché alla reputazione di un prodotto simbolo del ‘Made in Italy’. Giungendo ad affermare che la presenza anche solo in tracce di taluni contaminanti sarebbe indicativa dell’utilizzo di grani esteri, a dispetto delle certificazioni che invece attestano il contrario.
L’unico vero dramma è l’ assenza di obiettività da parte di certi personaggi. Del resto il neologismo “webete” serve proprio ad identificare chi scrive idiozie in rete.
I fatti dimostrano che la nostra battaglia è una vera battaglia per la salute dei cittadini e per la tutela del prodotto nazionale, sebbene chiosa l’ordinanza “non è compito del Tribunale prendere posizione in ordine al dibattito scientifico in corso sulla salubrità degli alimenti o su quali rischi per la salute comporti la presenza di alcuni contaminanti“.
Ai fini che qui interessano, stabilire, come è stato effettivamente accertato (anche in ordine al divieto vigente sul glifosato), è sufficiente che le analisi sono state effettuate da primario laboratorio con metodo scientifico, e che su tali temi vi è un ampio dibattito nel mondo scientifico e pubblico in generale.
Ecco il pdf Ordinanza-Tribunale-Roma
SOSTENERE LE BATTAGLIE DI GRANOSALUS E’ DOVEROSO, ANCHE CON UN PICCOLO GESTO