Grano, interrogazione al Senato di Paroli (FI) sull’ import da Turchia

PAROLI – Ai Ministri dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e dell’economia e delle finanze. – Premesso che:

la borsa merci di Foggia ha riaperto, dopo quattro settimane di chiusura estiva, con un calo di 60 euro a tonnellata rispetto alla seduta del 2 agosto, senza che ci siano stati scambi adeguati in tal senso e in controtendenza rispetto al mercato internazionale. Un commissario di borsa di parte agricola, in disaccordo con l’invito ad abbassare, si è dimesso per protesta dalla commissione prezzi;

l’inspiegabile crollo delle quotazioni del grano duro in Italia preoccupa dinnanzi alle elevate quotazioni internazionali (USA 446 euro a tonnellata e Canada 524-527) e al deficit produttivo mondiale, confermato dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Il comitato di gestione cereali, il 24 agosto 2023, aveva segnalato un aumento del deficit produttivo mondiale, con la produzione scesa a 30,6 milioni di tonnellate, un consumo pari a circa 33 milioni di tonnellate ed un livello degli stock pari a 1,1 milioni di tonnellate, il più basso degli ultimi 10 anni. In Canada inoltre è previsto un calo della produzione di circa un milione di tonnellate. In Italia l’annata conferma un deficit di grano duro sui 2,5 milioni di tonnellate;

in questo scenario, con i prezzi americani in crescita, a preoccupare gli operatori di mercato è l’inattesa esportazione di grano dalla Turchia a prezzi “da saldo”, nonostante nel quinquennio 2018-2022 siano sempre stati in sintonia con quelli rilevati da ISMEA a livello extra UE;

nel 2023, secondo i dati della Commissione europea, i quantitativi di grano duro importati dall’Italia cumulati al 3 settembre sono stati pari a 347.000 tonnellate. A destare sospetti sono le provenienze inconsuete non solo dalla Turchia, ma anche dalla Russia;

nel quinquennio 2018-2022, secondo dati ISMEA, la quota media di grano duro importata dall’Italia era pari a 1,4 per cento per la Turchia e a 2,4 per cento per la Russia. Nel 2023 all’improvviso i quantitativi importati sono schizzati in alto e le quote diventate rispettivamente del 44,5 e 28,6 per cento;

il notevole balzo della quota è imputabile ad un prezzo anomalo del grano turco, dietro cui si nasconderebbe un comportamento sleale, che giustificherebbe l’intervento immediato delle autorità italiane ed europee;

in Turchia il prezzo del grano duro viene “fissato” per legge dallo Stato ed è gestito dal TGB (Turkish grain board), che supervisiona e regola l’acquisto, la vendita e lo stoccaggio del grano. Il prezzo fissato dal 6 giugno 2023 è pari a 345 euro a tonnellata;

la Turchia fa parte dell’unione doganale, la cui base legale poggia su accordi commerciali che garantiscono ai Paesi aderenti accesso libero al mercato a loro comune ed a tariffe vantaggiose (decisioni 1/95 e 1/98 e protocolli vari);

tuttavia l’adesione della Turchia ai predetti accordi vieta quei comportamenti incompatibili con il corretto funzionamento dell’unione doganale, che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza. La “fissazione dei prezzi” è una pratica vietata dall’art. 32, comma 1, lett a), e dall’art. 33, comma 2, lett. a), della decisione n. 1 del 22 dicembre 1995, pubblicata in Gazzetta Ufficiale UE n. 35 del 13 febbraio 1996;

nonostante ciò, la Turchia starebbe esportando in Italia grano duro ad un prezzo sensibilmente più basso di almeno 80 euro a tonnellata rispetto a quello stabilito il 6 giugno 2023 dal board statale TGB, pari a 345 euro a tonnellata, con un prezzo di sbarco CIF (cost insurance and freight) in Puglia pari a 390 euro a tonnellata. Ad agosto la consegna al molino sarebbe stata di 380 euro a tonnellata, secondo alcune fonti riservate;

ma, analizzando nel dettaglio i costi, ci si accorge che i conti non tornano. Partendo da una base di prezzo imposto dalla Turchia pari a 345 euro a tonnellata (al centro stoccaggio TGB), per consentire l’arrivo nei molini italiani occorrerebbero almeno 433 euro a tonnellata;

lo scostamento di circa 80 euro, che solo un’indagine approfondita della Commissione europea potrebbe confermare, denoterebbe una concorrenza sleale tesa a destabilizzare il mercato italiano, anche per ragioni legate al conflitto russo-ucraino e all’embargo. Si presume che tale divario possa crescere ulteriormente con gli arrivi già previsti a settembre;

esportare merci a prezzi molto più bassi di quelli praticati sul mercato interno o su un altro mercato, oppure addirittura sotto costo, da parte di un board dello Stato turco padrone del mercato interno prefigura un’attività di “dumping“, che ha lo scopo d’impadronirsi dei mercati esteri. O di destabilizzarli per ragioni politiche;

a fine luglio, secondo indiscrezioni di mercato, i buyer internazionali (tra cui diversi italiani) avrebbero presentato certificati di esportazione per oltre 1,3 milioni di tonnellate presso il Ministero dell’agricoltura turco, che ha già dato il via ad una parte di esportazioni;

sui dazi, il protocollo (2) della decisione 1/98 del consiglio di associazione CE-Turchia prevede che la riduzione del dazio al 100 per cento sul frumento duro agisca dal 1° settembre al 31 maggio dell’anno successivo su un contingente tariffario di 100.000 tonnellate al massimo. Non è noto se il grano turco arrivato in Puglia (105.000 tonnellate nel periodo luglio-agosto) abbia beneficiato o meno della riduzione dei dazi;

ad aggravare la situazione è anche l’assenza di strumenti, come la CUN e il registro cereali, capaci di offrire quella trasparenza senza la quale i prezzi diventano quantomeno opachi, resta elevato il rischio che le parti contraenti più deboli possano cessare le loro attività, considerato il forte aumento dei costi di produzione, e con riflessi negativi per la pasta made in Italy e, quindi, per i consumatori,

si chiede di sapere:

quali urgenti iniziative i Ministri in indirizzo intendano assumere per tutelare l’economia nazionale e la competitività dei cerealicoltori italiani;

se non ritengano di richiedere urgentemente un’indagine anti dumping alla Commissione europea per verificare se i prezzi e i volumi di grano duro importati dalla Turchia siano in contrasto con le regole dell’unione doganale;

se non ritengano di richiedere alla Commissione europea una diversa regolamentazione dei dazi verso la Turchia e verificare se gli sbarchi di grano nel periodo luglio-agosto in Puglia siano stati assoggettati alle previste prescrizioni sui dazi;

se la Turchia non si presti a triangolazioni di grano russo, al fine di eludere i dazi e l’embargo e destabilizzare il nostro mercato;

se il Ministro dell’agricoltura non ritenga di avviare subito l’istituzione della commissione unica nazionale effettiva, l’istituzione del registro telematico dei cereali, e implementare un sistema di tracciabilità basato su tecnologie blockchain.

(3-00666)

Un commento

  1. Salve sono un produttore di grano duro siciliano esercito la mia attività agricola nel l’area le di Enna e Catania,ho letto attentamente questo vostro articolo trovandolo molto ricco di contenuti,quello che io chiedo a voi come associazione di continuare a fare diciamo battaglie per sostenere la nostra agricoltura,visto che siamo totalmente abbandonati da tutte le istituzioni ,che siamo politiche o sindacali,pertanto vorrei che fareste chiarezza sulla quantità di grano che è arrivato in Puglia,esportato dalla Turchia facendo crollare il nostro mercato cerealicolo.

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