Durum days senza ricette per la sovranità

Se il Durum days a Foggia diventa l’occasione per celebrare la sovranità alimentare canadese e non offre nessuna ricetta per quella italiana, allora l’assenza del ministro Lollobrigida ha le sue valide ragioni. Da diversi anni si illustrano le previsioni del grano duro in Canada, che notoriamente presenta problemi sotto il profilo tossicologico a causa della presenza di contaminanti, mentre il nostro governo sta mettendo in campo azioni per valorizzare il Made in Italy.  Del resto, neppure le parole del Cav Divella aiutano quella libertà di mercato e quella responsabilità sociale che dovrebbero distinguere i capitani d’industria delle economie occidentali di libero scambio dai sistemi socialisti.

La libera iniziativa economica, tutelata dall’ art 41 della Costituzione, non può accettare che il cav Divella (video sotto) faccia i conti in tasca ai produttori di quella pregiata materia prima che si chiama grano italiano, mentre non tollera che i conti in tasca vengano fatte alle industrie.

Le sue dichiarazioni evidenziano in modo lapalissiano l’uso strategico della leva import-export per tenere sotto controllo i prezzi all’origine del grano nazionale.

Questo non è certo il libero mercato che serve a valorizzare le produzioni nazionali o ad incentivare le semine, ma è un mercato alterato da distorsioni e manovre speculative che deviano il naturale gioco della domanda e offerta.

L’art 41 afferma altresì che l’iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente.

Gli uomini credono di sostenere la libera impresa quando affermano che la stessa non debba essere interessata “solo” al profitto, ma anche a qualche tipo di finalità cosiddetta “sociale”, al “rispetto della dignità umana degli agricoltori” e, soprattutto, al “rispetto della salute dei consumatori”.

Che cosa significa dire che un titolare aziendale ha una “responsabilità sociale” nella sua qualità di uomo d’affari? Se questa affermazione non è puramente retorica, si deve dire che egli dovrà agire in qualche modo che non sia coerente con l’interesse di massimizzare il profitto.

Ad esempio, potrebbe dover scegliere di evitare di aumentare il prezzo della pasta, al fine di contribuire al rispetto dell’obiettivo sociale di prevenire l’inflazione.

Oppure potrebbe pagare di più il grano per incentivare la produzione di qualità degli agricoltori italiani e ridurre l’inquinamento delle navi dovuto alle importazioni, al fine di contribuire all’obiettivo sociale del miglioramento dell’ambiente e dell’economia agricola nazionale.

Se invece il capitano d’industria decide di alzare i prezzi dei beni che colloca sul mercato, sta spendendo i soldi dei clienti ovvero dei consumatori, erodendo il loro potere di acquisto. Lo stesso accade se riduce i salari dei dipendenti, in questo caso sta spendendo i soldi dei dipendenti. Lo stesso accade se riduce i prezzi agli agricoltori, in questo caso sta spendendo i soldi degli agricoltori che sono i fornitori. (25 euro in meno a quintale per gli agricoltori vuol dire un miliardo in più nella tasca di mugnai e pastai!).

 

COSA HANNO DETTO AL DURUM DI FOGGIA QUEST’ANNO?

La produzione nazionale di grano duro in Italia dovrebbe attestarsi quest’anno, secondo le previsioni del CREA, sopra i 4 milioni di tonnellate, con un incremento di circa il 12% rispetto alla campagna precedente. Sono queste le prime stime produttive del grano duro rese note a Foggia nel corso dell’evento Durum Days 2023.

Crea

“Dai dati del Chicago Board of Trade – che è il posto dove si fa il prezzo – è emerso che i prezzi sono cominciati ad aumentare in maniera vertiginosa dal giugno del 2021 perché la grande finanza ha scommesso sulla guerra”. Lo ha detto Stefano Vaccari del direttore Crea, intervenendo ai Durum Days sul grano duro in corso a Foggia.

“Allora, vediamo che cosa si può fare per la ricerca, intesa come aumento delle produzioni. Perché il primo punto chiave è che dobbiamo produrre di più. L’Italia sta producendo poco grano duro. Quest’anno siamo a 4 milioni di tonnellate: è poco. Dobbiamo assolutamente arrivare a 5,5-6 milioni di tonnellate”, avverte Vaccari. “Perché produciamo poco? Per due ragioni. La prima è che le superfici sono in riduzione. E stimiamo che siano in riduzione perché è venuta meno una classe di cerealicoltori esperti. Sempre più la produzione si è deprofessionalizzata, è diventata una facile coltura: ‘mi accontento del premio Pac’ ecc.”

“Il prezzo lo fa il Chicago Board of Trade, non lo fa certo qualsiasi tavolo ministeriale. Soprattutto incidono quelle aspettative di semina di quell’area americana tra il Nord Dakota e il Canada: lì si decide il prezzo perché tra marzo e aprile, quando si semina, si decide se seminare un milione di ettari o quattro. Quando loro seminano loro sanno già quanto abbiamo seminato noi”.

“Perché è fondamentale la filiera? Perché la filiera è un ammortizzatore di queste speculazioni. Solo con una filiera forte – in cui la distribuzione del reddito e del valore aggiunto è omogenea – ci può essere una difesa da meccanismi speculativi che per noi sono ingovernabili. Senza contratti di filiera non andiamo da nessuna parte”, conclude Vaccari che arriva fuori tempo massimo per cercare di fornire ricette che non funzionano.

Confagricoltura

“Non siamo autosufficienti per il grano duro, per quanto riguarda le superfici. Dobbiamo riattivare la Cun grano duro, il granaio Italia può andare bene, ma senza sanzioni così elevate per chi deve detenere il registro”. Così Filippo Schiavone, membro della giunta esecutiva di Confagricoltura, nel corso dell’evento Durum Days.

Cia

Noi produciamo prodotti genuini, sani, di qualità ma il mercato non ci dà quella remunerazione giusta che spetta a un agricoltore che fa impresa. Poi vediamo i grani che arrivano in Europa e in Italia da tutto il mondo. Così succede che i nostri prodotti vengono offuscati, i prezzi dei grani stranieri fanno mercato rispetto ai nostri prodotti”. Lo ha detto Sicolo, vicepresidente di Cia-Agricoltori, durante i Durum Days sul grano duro a Foggia.

“In Polonia, Bulgaria, Romania ecc. – ha aggiunto – ci sono rivolte contro grani che arrivano da Ucraina via terra. C’è una rivolta degli agricoltori. Anche in quei paesi ci sono turbolenze sui mercati. In periodi di guerra c’è chi si arricchisce e chi fallisce: noi agricoltori siamo destinati a fallire se non mettiamo le regole in questo settore”.

“I grani possono arrivare dall’estero, non è che siamo autosufficienti, ma devono essere certificati rispetto alla loro origine. Abbiamo raccolto già 50mila firme. Quindi: non guardiamo le borse, perché possono salire o scendere, ma mettiamo le regole in questo settore, come ci sono già nell’olivicoltura. Noi da 30 anni abbiamo il registro telematico nel campo dell’olio: gli olii arrivano dall’estero e vengono registrati. La scusa che hanno trovato nel caso del grano è quella della burocrazia. Falso! Un importatore che importa milioni non ha i ragionieri per specificare da dove arrivano i grani?”, conclude Sicolo.

Union Food

Margherita Mastromauro di Union Food ritiene intollerabile la denuncia sui costi della pasta, alimento più economico e sano della Dieta Mediterranea.

“I pastai oggi stanno ricevendo pressione dai media nazionali sul perché degli aumenti sconsiderati. Parto da una premessa di numeri: siamo il primo produttore mondiale di pasta per 3,67 milioni di tonnellate, di cui 2,3 milioni esportati con un valore di 5 miliardi di euro. Siamo una filiera importante. Dobbiamo capire tutti, inclusa la politica, che questa filiera, che si è dimostrata forte e resiliente negli ultimi anni, è stata messa alla prova”.

“Come valorizziamo questa produzione? Non abbiamo avuto grande aiuto, se non in minima parte. Non ci aspettiamo troppo dalla politica per questo dobbiamo puntare al gioco di squadra. Quindi dobbiamo valorizzare i contratti di filiera, non c’è altro modo. Dobbiamo certamente partire dalla qualità, imprescindibile, quindi con caratteristiche di tutto rispetto, così da distinguerci dai prodotti del resto del mondo. Questo comporta prezzi maggiori rispetto agli altri.

Servono dati certificati su quanto valgono le filiere. Ma è intollerabile la denuncia fatta sui costi della pasta, è ridicola. La questione dei prezzi della pasta non è dovuta ai 40 centesimi di aumento sul prezzo. Oggi sullo scaffale si trova la pasta che va da 0,69 fino ai 2,40, quindi il consumatore ha ampia scelta. Cento grammi di pasta costa dai 14 ai 26 centesimi, di cosa stiamo parlando? La pasta rimane l’alimento più sano ed economico della dieta mediterranea. Demonizzare la categoria danneggia tutti, siamo scesi a 23 chili procapite, dobbiamo riconquistare i consumatori”.

Italmopa 

L’andamento del mercato nazionale del frumento duro non può in alcun modo prescindere dall’evoluzione, sia essa al rialzo o al ribasso, dei mercati internazionali” così Enzo Martinelli, Presidente della Sezione Molini a frumento duro Italmopa – Associazione Industriali Mugnai d’Italia che si augura “siano archiviati i dogmatismi antiindustriali che si stanno pericolosamente sedimentando nel nostro Paese”.

Alleanza Cooperative

Per Alleanza Cooperative, rispetto allo scenario produttivo mondiale, i dati resi noti da Areté, società di ricerca e consulenza specializzata nell’agri-food, attestano un sostanziale recupero produttivo nel corso del 2023 in Nord America (+5% in Canada e + 3% negli Usa), e una crescita produttiva del 5% in Europa.

La situazione delle scorte iniziali per la campagna 2023/24 è al minimo storico e ciò è un fattore potenzialmente di supporto ai prezzi rispetto ai livelli correnti. Rispetto ai prezzi, la campagna 2022/23 è stata contraddistinta da una riduzione generalizzata dei prezzi medi rispetto alla precedente (Canada, -19%, Usa -25%, Foggia -15%).

Permangono tuttavia elementi che possono tornare a mettere in tensione i prezzi. Tra questi: il livello minimo di scorte, i volumi produttivi effettivi ancora dipendenti dal livello delle rese (sia in Europa che in Nord America), così come la contrazione del premio di prezzo del frumento duro rispetto agli altri cereali, frumento tenero e mais, che aumenta le possibilità di trasmissione di tensioni da un mercato ad un altro. Inoltre le esportazioni canadesi hanno marciato a ritmi superiori a quelli necessari per raggiungere gli obiettivi di campagna, lasciando prefigurare un rallentamento dell’offerta nei prossimi mesi.

COSA DISSERO AL DURUM Days DI FOGGIA NEL 2017?

Durum Days, Granosalus: “Produttori stufi delle chiacchiere”

COSA FARE PER VALORIZZARE LA NOSTRA SOVRANITA’ ?

La risposta si trova nella sostituzione delle importazioni di grano, possibile nel caso di un settore industriale forte come quello della pasta e della semola, che potrebbe essere agevolata da una semplice strategia: un marchio nazionale del grano capace di sottrarre le oscillazioni di mercato ad una crescente finanziarizzazione dell’ economia, dando il giusto valore ai produttori sempre più scettici sui contratti di filiera.

Un marchio per il grano duro del Sud per dire basta ai grani esteri contaminati da glifosato e micotossine

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