Reati Agroalimentari? Il D.D.L. Caselli non è ancora legge

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il “D.D.L. Caselli”, ma lo stesso, come prevede la nostra Costituzione, non ha alcun valore normativo fino a quando non diviene legge con l’ approvazione da parte della Camera e del Senato. Dunque, se ne parlerà nella prossima legislatura. I reati agroalimentari possono attendere…

I reati agroalimentari possono attendere. Se ne parlerà, come ha precisato l’ Avv. Luigi IOSA durante il Simposio tenutosi a Matera il 25 Novembre 2017, nella prossima legislatura sempre che il nuovo Parlamento deciderà di adottare i 49 articoli congegnati dagli ex Pubblici ministeri: Caselli e Guariniello. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI.

Il Consiglio dei Ministri, nell’ultima seduta del 1 dicembre 2017, su proposta del Ministro della Giustizia Andrea Orlando, ha approvato il “disegno di legge Caselli” che introduce nuove norme in materia di reati agroalimentari.

Il disegno di legge Caselli interviene principalmente su due fronti: la tutela della salute pubblica, attraverso una chiara delimitazione della categoria dei reati di pericolo contro la salute; il contrasto delle frodi in commercio di prodotti alimentari, sia sotto il profilo sanzionatorio, sia sotto il profilo dell’estensione della sfera repressiva, in modo da tutelare la «lealtà commerciale» e da colpire, con maggiore efficacia, le organizzazioni complesse e la responsabilità delle persone giuridiche.

Il testo mira a incidere, in particolare, nell’ambito alimentare, colmando le attuali lacune della legislazione penale e sanzionando in modo specifico le vere e proprie frodi nei confronti del consumatore finale, tenendo conto del valore prioritario assunto dalla «identità» del cibo quale parte irrinunciabile della cultura di territori, delle comunità locali e dei piccoli produttori locali, che definiscono, in sostanza, il «patrimonio alimentare».

Il disegno di legge Caselli tiene conto, in tal senso, del fatto che la maggior parte delle frodi riguarda le caratteristiche intrinseche degli alimenti, come l’attestazione di conformità a specifiche modalità di produzione (tra le quali quella «biologica») o la loro origine geografica, e prevede pertanto un inasprimento delle sanzioni già in vigore in materia.

Inoltre, vengono per la prima volta introdotte sanzioni mirate nei confronti della produzione e commercializzazione di alimenti che, tenuto conto della dimensione all’ingrosso dell’attività illecita, anche organizzata, non sono capaci di produrre un pericolo immediato e imminente, ma manifestano la propria pericolosità nel medio e lungo periodo e in via del tutto eventuale.

Allo stesso modo, vi è la previsione di sanzioni per l’omesso ritiro di alimenti pericolosi per la salute. Tuttavia, il disegno di legge (d.d.l.), ex artt. 71 e 72 della Costituzione, non ha valore normativo fin quando non diviene legge con l’ approvazione da parte sia della Camera che del Senato del medesimo testo.

Pertanto, ad oggi, siamo ancora fermi alla tutela della salute pubblica offerta dal codice Rocco del 1930, con buona pace dei produttori e consumatori alimentari.

Implicazioni per grano e pasta

Questo modo di fare politica all’italiana è davvero bizzarro. E vediamo perché.

In Italia c’è una legge sulle Commissioni uniche nazionali dal 2015 e c’è un decreto attuativo fermo nel cassetto dal maggio scorso che potrebbe far chiarezza, anche attraverso l’istituzione di una griglia di qualità tossicologica sul grano duro di qualità. Vi ricordiamo che la griglia è stata approvata attraverso una risoluzione parlamentare.

E, caso strano, sono proprio i sindacati agricoli che non si adoperano per richiedere al Ministero l’ istituzione della CUN del grano. Coldiretti, Confagricoltura, Cia e Copagri, fanno finta di volerla ma non lo hanno ancora dimostrato. Sembrerebbero, da un lato, più orientati a mantenere in piedi un sistema di rilevazione delle Camere di Commercio che fa acqua da tutte le parti e che risale ad una legislazione del 1913. Dall’ altro, favorevoli ai contratti di filiera che di fatto sono uno strumento anticoncorrenziale.

In Italia c’è una legge sull’ etichettatura d’origine obbligatoria, che forse entrerà in vigore il 17 febbraio 2018. Ma l’ Europa ha acceso i riflettori e potrebbe bocciarla sia perché non è stato seguito l’ iter comunitario, sia perché ci potrebbe essere un  contrasto con le regole del mercato unico. La bocciatura, quasi certamente, avverrà dopo le elezioni politiche di primavera. Del resto, se c’è già il precedente dell’ ex Ministro Alemanno. Nel frattempo gli industriali hanno impugnato il provvedimento al TAR Lazio e, pur essendo stato respinto, proseguiranno nella loro azione legale.


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